Un'Odissea che racconta la storia di Ulisse da un punto di vista inconsueto, quello del figlio Telemaco. Mario Perrotta si mette nei panni del figlio dell’eroe e porta in scena la sua versione dei fatti.
Per parlare di questa scelta e del particolare racconto che ne scaturisce, l'attore incontra il pubblico al Teatro Studio Melato, prima della replica di venerdì 20 aprile (ore 18).
Teatro Studio Melato
In occasione delle recite di Odissea (al Teatro Studio Melato dal 17 al 22 aprile), l'autore e interprete Mario Perrotta incontra il pubblico per parlare di come è nato lo spettacolo che mette in scena il capolavoro di Omero partendo da un punto di visto inconsueto, quello del figlio di Ulisse, Telemaco.
«C’è un personaggio nell’Odissea che, da sempre, cattura la mia attenzione, un personaggio che molti non ricordano neanche: Telemaco – dice Mario Perrotta –.Io, invece, ne ho sempre subito il fascino, perché la sua attesa è carica di suggestioni. Telemaco non ha ricordi di Ulisse, non l’ha mai visto... Per lui il padre è solo un racconto della gente. Ed è proprio questa assenza ad aprire infinite possibilità nei pensieri di Telemaco... I suoi pensieri, forse, sono l’unico luogo dove Ulisse può essere ancora un eroe. Ma gli eroi durano il tempo di un romanzo e questo Telemaco lo sa... È così che ho disancorato Telemaco dal tempo degli eroi e l’ho trascinato qui, nel ventunesimo secolo, avvilito da una madre reclusa in casa; assediato dalla gente del paese che, non sapendo che fare tutto il giorno al bar della piazza, mormora della sua “follia” e della sua famiglia mancata; circondato dal mare del Salento. Solo così potevo immaginare un’odissea mia, contemporanea, solo portando la leggenda a noi, in questo nostro tempo così disarticolato e privo di certezze. E dunque si mescolano nello scrittura il mito e il quotidiano, Itaca e il Salento, i versi di Omero e il dialetto leccese, legati insieme da una partitura musicale rigorosa, pensata ed eseguita dai musicisti che mi accompagnano in questo lavoro e diventano anch’essi, con i loro molteplici strumenti, voci musicali del racconto».
In occasione delle recite di Odissea (al Teatro Studio Melato dal 17 al 22 aprile), l'autore e interprete Mario Perrotta incontra il pubblico per parlare di come è nato lo spettacolo che mette in scena il capolavoro di Omero partendo da un punto di visto inconsueto, quello del figlio di Ulisse, Telemaco.
«C’è un personaggio nell’Odissea che, da sempre, cattura la mia attenzione, un personaggio che molti non ricordano neanche: Telemaco – dice Mario Perrotta –.Io, invece, ne ho sempre subito il fascino, perché la sua attesa è carica di suggestioni. Telemaco non ha ricordi di Ulisse, non l’ha mai visto... Per lui il padre è solo un racconto della gente. Ed è proprio questa assenza ad aprire infinite possibilità nei pensieri di Telemaco... I suoi pensieri, forse, sono l’unico luogo dove Ulisse può essere ancora un eroe. Ma gli eroi durano il tempo di un romanzo e questo Telemaco lo sa... È così che ho disancorato Telemaco dal tempo degli eroi e l’ho trascinato qui, nel ventunesimo secolo, avvilito da una madre reclusa in casa; assediato dalla gente del paese che, non sapendo che fare tutto il giorno al bar della piazza, mormora della sua “follia” e della sua famiglia mancata; circondato dal mare del Salento. Solo così potevo immaginare un’odissea mia, contemporanea, solo portando la leggenda a noi, in questo nostro tempo così disarticolato e privo di certezze. E dunque si mescolano nello scrittura il mito e il quotidiano, Itaca e il Salento, i versi di Omero e il dialetto leccese, legati insieme da una partitura musicale rigorosa, pensata ed eseguita dai musicisti che mi accompagnano in questo lavoro e diventano anch’essi, con i loro molteplici strumenti, voci musicali del racconto».