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Complemento di relazione | Stagione 2025/26

A volte […] mi viene la strana voglia di rompere i vetri, di saltare dalla finestra, e di correre fuori finché non incontro qualcuno sulla mia strada, qualcuno che prenderei per il braccio, che scuoterei un po’ per fargli andare via il suo stupore; qualcuno che monopolizzerei tutta la sera; qualcuno da toccare (tasta), da sentire (annusa); qualcuno a cui dire: «Non abbia paura di niente, si lasci andare; ha davanti a sé un essere che vuole soltanto sentire un altro respirare, sentire un altro cuore battere; ho rotto tutti i vetri e sono saltato dalla finestra per poter toccare un altro essere; è un desiderio che mi prende in certe sere come questa. Lei ha davanti a sé soltanto una mente troppo profonda per restare sola e rinchiusa». 
Bernard-Marie Koltès, Salinger

Si può dire che allo spazio mondano, insieme con i suoi interessi, si sovrappone uno spazio relazionale completamente diverso che ricopre il primo, e che consiste di atti e parole e deve esclusivamente la sua origine al fatto che gli uomini agiscono e parlano direttamente gli uni agli altri. 
Hannah Arendt, Vita activa. La condizione umana

Non sono un frequentatore di musei […] preferisco vedere le città, la gente, i negozi, le strade, le sistemazioni urbanistiche, i colori della periferia, le albe, i tramonti, cogliere la misura umana, uguale e diversa nelle differenti comunità. 
Paolo Grassi, Pittori e musei, in Id., Quarant’anni di palcoscenico
 

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I biglietti e gli abbonamenti della stagione 2025/26 saranno in vendita online, in biglietteria e in biglietteria telefonica a partire da mercoledì 18 giugno alle 12.30.


È ancora possibile riprodurre il mondo d’oggi attraverso il teatro? A un dipresso settanta anni fa, nello stesso torno di mesi durante i quali Strehler, a Milano, si accingeva a orchestrare con epica maestria la sua affilata Opera da tre soldi, un giovanissimo Peter Szondi, spiando la prodigiosa vitalità dei palcoscenici di Berlino dall’eccentrico osservatorio delle severe aule dell’Università di Zurigo, nel tentativo di codificare la grammatica generativa (e fatalmente trasformazionale) del “dramma moderno”, individuava nell’analisi dei legami tra gli individui la chiave di volta del teatro contemporaneo. Per lo studioso ungherese, infatti, «l’audacia spirituale dell’uomo» del Rinascimento, «pervenuto a se stesso dopo il crollo della concezione medievale del mondo», porta ineluttabilmente a eleggere il dominio dei «rapporti interumani» a materia irrinunciabile della drammaturgia del nostro tempo. Le conclusioni sono prontamente tratte: «l’uomo», oggi, può entrare nel dramma «solo come membro della società umana»; la sfera «essenziale della sua esistenza» è quella dei «rapporti intersoggettivi»; «libertà e vincolo, volontà e decisione» sono le sue «determinazioni più importanti». 

Giusta l’intuizione di Szondi, è proprio nella vibrante e appassionata dialettica tra “io” e “tu”, nello strenuo corpo a corpo tra “noi” e “voi”, nell’intricata matassa di legami contraddittori tra “egli” o “ella” e “loro” che dobbiamo testardamente continuare a cercare il senso del nostro odierno fare teatro (e, perché no, il futuro della nostra scena). È negli interstizi che si spalancano furtivi tra gli interlocutori, tra le faglie che spaccano di repente i confronti, nei silenzi sospesi che si insinuano tra le solitudini dei soggetti che il racconto teatrale deve scavare, ostinatamente, per gettare luce nell’insondabile “spazio di mezzo” dei rapporti, nell’abisso di paure, desideri, affinità, odi, appetiti, curiosità, indifferenze che alimentano le relazioni. Ed è proprio in questo impalpabile e palpitante “nel mezzo”, nell’humus fertile del nostro inesausto bisogno di trovare un “completamento” a noi nell’altro che alligna la nostra possibilità di essere comunità, a tutti i livelli e sotto le più varie forme: siano esse la coppia, la famiglia, le reti d’affetti o la città… 
 

Senza mai rinunciare al suo costante bisogno di esplorare le trasformazioni del linguaggio teatrale d’oggi in cerca delle possibili scene di domani, con la stagione 2025/2026 il Piccolo Teatro di Milano comincia così un viaggio verso i festeggiamenti del suo ottantesimo anno di vita, tutto teso a investigare quel legame tra il teatro e la città che fu presupposto stesso del progetto fondativo di Strehler e Grassi, a partire dall’interrogazione dell’etimo più vero e profondo di questo nesso capitale: la relazione, appunto. 
 

Sul filo di un’attenta analisi logica del discorso drammaturgico contemporaneo, dunque, gli spettacoli prodotti dal Piccolo Teatro per la stagione prossima sciorinano un nutrito catalogo dei molti “complementi di relazione” attraverso cui consegnare, in icastici “scatti”, un cangiante reportage del nostro presente, fatto, di volta in volta, di affondi privati per incidere la carne delle nostre passioni e dei nostri desideri più intimi o di ampie panoramiche per esplodere il chiassoso dedalo di “passages” delle nostre metropoli; di più o meno composti “gruppi di famiglia in un interno” e di istantanee un po’ fanées per coltivare amicizie d’antica data; di suggestivi scorci storici e di ardite vedute del “tempo che sarà” per ricordarci che «la fine è» sempre «nel principio eppure si comincia»… 

E ancora di esilaranti stampe per raccontare a lazzi il funambolico gioco d’identità del teatro; di laconici schizzi per fermare nel silenzio il sinuoso amplesso col linguaggio; di vertiginosi montaggi per restituire la polifonia dei tempi e delle culture; di tagli violenti per capire le ferite della memoria e indovinare il profilo dei ricordi che si sfarinano, e infine del buio che fatalmente inghiotte qualsivoglia annichilimento dell’altro. “Fra moglie e marito non mettere il dito”, insegna l’adagio… 

E forse, allora, in un civile dialogo tra noi – al modo “calviniano” del Gran Kan e di Marco Polo –, veleggiando di spettacolo in spettacolo, tra la Scilla e la Cariddi di Babilonia e Utopia al di là dei mitici arcipelaghi delle isole galleggianti che si stagliano all’orizzonte del nostro futuro, in una fitta pioggia di “con” e “verso” e “contro” e “avverso” e “a” e “tra” o “fra”, proprio grazie a un elegante carosello di “complementi di relazione” potremo raggiungere (o costruire?) la città ideale: per questi porti non saprei tracciare la rotta sulla carta né fissare la data dell’approdo. Alle volte mi basta uno scorcio che s’apre nel bel mezzo d’un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che s’incontrano nel viavai, per pensare che partendo di lì metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d’istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie. Se ti dico che la città cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla. Forse mentre noi parliamo sta affiorando sparsa entro i confini del tuo impero; puoi rintracciarla, ma a quel modo che t’ho detto…

Claudio Longhi
Direttore Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa



Chi sono, oggi, quei “tutti e tutte” del motto fondativo del Piccolo “Teatro d’arte per tutti”, al servizio dei quali e delle quali mettiamo, ogni giorno, il nostro lavoro? È la domanda che Claudio Longhi e io ci poniamo da quando abbiamo iniziato il nostro comune mandato. In una realtà dall’orizzonte sempre più internazionale che, come ciclicamente accade, è segnata da conflittualità, incertezze e fragilità, siamo chiamati a non cedere alla paura e a preoccuparci e occuparci della nostra comunità. Vogliamo lavorare e vivere nel presente, con responsabilità e nella convinzione che il teatro e l’arte ci rendano migliori. 
 

Il teatro è, infatti, da sempre, fin dalle sue origini, piazza e specchio per la collettività, luogo in cui si mostra a se stessa nella sua molteplicità, nella ricchezza irriducibile delle sue differenze, delle sue sfumature. Ed è a questa varietà prodigiosa, proprio come fili di una rete, che il Piccolo vuole parlare, alla quale vuole garantire accesso pieno e libero. La nostra comunità teatrale è uno spaccato della città che abitiamo e crediamo che in essa debbano trovare rappresentazione tutte le cittadine e tutti i cittadini, milanesi e non.
 

Insieme a tutte le lavoratrici e i lavoratori del Piccolo, con il loro quotidiano impegno, professionalità e responsabilità, vogliamo, quindi, prima di tutto, rivolgerci ai più piccoli che, grazie ai percorsi scolastici, vivono le loro prime esperienze teatrali; ai giovani, di ogni genere, provenienza culturale e sociale, affinché si sentano parte del Teatro della città di Milano e scoprano, insieme a noi, la bellezza, lo stupore e l’emozione del linguaggio teatrale. Anche per questo, abbiamo avviato il nuovo progetto Piccolo <35, che coniuga momenti di incontro e convivialità con occasioni di approfondimento dei classici della tradizione teatrale e di scoperta, condivisa, della nuova scena contemporanea. Una particolare attenzione verrà inoltre dedicata alle altre fasce di pubblico con specifiche proposte. 

Proseguono e si rinnovano le attività di Oltre la scena e Agorà della Cultura e nasce il progetto Piccolo Aperto, con l’obiettivo di promuovere un’accessibilità reale e una piena esperienza teatrale, con servizi volti ad abbattere ogni tipo di barriera: culturale, architettonica, sensoriale, cognitiva, oltre che economica. 
Oggi la nostra città è abitata da oltre il 20% di stranieri, un pubblico “potenziale” che frequenta le nostre sale ancora in forma significativamente ridotta. “Milanesi internazionali” di ogni estrazione 4 e professione, oltre a una moltitudine di giovani universitari che studiano finanza, moda e design. A questi si aggiungono i turisti che, sempre più numerosi, si fermano per brevi o lunghi periodi a scoprire la città. Oggi, anche grazie alla sovratitolazione nei fine settimana degli spettacoli di produzione e coproduzione, vogliamo accoglierli come nuovi spettatori. 

Per interrogarci, insieme, su chi siano i nuovi “tutti e tutte”, dall’autunno 2025 avvieremo, insieme ad altri operatori culturali e teatrali, un convegno dal titolo Interesse pubblico, nell’ambito del percorso Nuovi pubblici. Per rendere sostenibile l’attività artistica e quelle per il pubblico è vitale il sostegno dei Soci Fondatori e dei sostenitori istituzionali del Piccolo; insieme a loro, oggi, è più che mai prezioso anche il coinvolgimento del sistema imprenditoriale milanese, nazionale e internazionale, che sin dalla sua fondazione, ha affiancato il Piccolo stringendo un patto virtuoso che allora, nel dopoguerra, ha contribuito alla rinascita culturale della nostra città, e oggi, con il suo costante e appassionato sostegno, imprime un impulso potente all’innovazione, anche del teatro. 

Il Piccolo fa rete, è la sua cifra più autentica. Lo fa in senso etimologico, affidandosi alla forza creativa delle relazioni. La rete è, infatti, per definizione, un intreccio di fili di materiale vario, incrociati e annodati tra loro. A istituzioni anche eterogenee ha, da sempre, voluto legare un comune intento di progettazione culturale; tra queste Triennale, Grande Brera e il Teatro alla Scala. Rete è anche con le voci che della propria materia fanno cultura e arte, come la Moda e il Design. E nuovo orizzonte di questa rete è, nella prossima Stagione, Milano Cortina 2026, che vede l’adesione del Piccolo, primo tra i teatri italiani con un programma dedicato all’Olimpiade Culturale, la costellazione di iniziative che ruota intorno all’evento sportivo e ne amplifica il significato. 
 

Questa è la nostra visione e il nostro impegno, di noi del Piccolo, che abbiamo imparato a fare un teatro che fosse idealmente e concretamente per tutte e tutti, per la comunità nella sua interezza, della quale il teatro deve prendersi cura, così come il teatro è un bene comune del quale la comunità deve prendersi cura. Entrambi in ascolto reciproco, con responsabilità e gentilezza.
 

Lanfranco Li Cauli
Direttore Generale Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
 

 

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