Durata: Un'ora e 45 minuti senza intervallo

Nel 1985, a Torino, si celebra un maxiprocesso alla mafia catanese. I lavori durano quasi due anni. Tra gli imputati figura Salvatore, poco più che un ragazzo, ma già un criminale che ha lasciato dietro di sé una scia di morti ammazzati e di azioni criminose: sarà condannato all’ergastolo. Tra lui e il presidente della Corte di Assise si è stabilito un rapporto di reciproco rispetto, quasi di fiducia. Il giorno dopo la sentenza, d’impulso, il giudice gli scrive e gli invia in carcere un libro. Sarà l’inizio di una corrispondenza destinata a durare ventisei anni, durante i quali ciascuno vivrà la propria vita: il giudice, compiendo un percorso di carriera come magistrato e politico, fino alla pensione, sempre interrogandosi sul senso della pena carceraria; il recluso, tra gli alti e bassi del carcere, tra la speranza di una riabilitazione e i tormenti del 41 bis, tra un percorso di emancipazione culturale – grazie anche al giudice – e un tentativo di suicidio.
Mauro Avogadro porta in scena la drammaturgia che lo scrittore Paolo Giordano ha tratto da Fine pena: ora, scritto da Elvio Fassone, uno dei due protagonisti – era il giudice – di quella vicenda. « Il fascino di questo testo – spiega Avogadro – sta nella complicità che si crea tra due persone così diverse, culturalmente e geograficamente, un borghese che diventa “naturalmente” un giudice e un sottoproletario, in una zona geograficamente a rischio, che diventa altrettanto “naturalmente” un mafioso. Sono due persone straordinarie che riusciranno a diventare personaggi grazie al lavoro di due grandissimi attori. Accanto all’esplorazione di umanità tanto differenti sta l’interrogativo, pressante, sul senso della pena: il carcere potrà mai essere riabilitativo? Quali sono le dinamiche, all’interno di un carcere, che possono migliorare o peggiorare la condizione di una persona? È un respiro di umanità che trasuda dalle situazioni e dai personaggi: si percepisce che le parole scritte e pronunciate sono carne vera, carne viva, calata in una sospensione emotiva qual è quella che si crea, nel momento di un rapporto epistolare, tra l’invio di una lettera e l’attesa della risposta».
Piccolo Teatro Grassi
dal 21 novembre al 22 dicembre 2017
Fine pena: ora
di Paolo Giordano
liberamente tratto dal libro di Elvio Fassone
regia Mauro Avogadro
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci Claudio De Pace
musiche Gioacchino Balistreri
con Sergio Leone e Paolo Pierobon
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Questo spettacolo è parte del Premio Giornalistico Nazionale di Critica Teatrale, concorso riservato a redattori e redattrici culturali under 36 promosso dal Network Lettera 22. Per informazioni clicca qui.