Il canto della caduta si ispira all'antico mito di Fanes e racconta di un'età dell'oro in cui gli esseri umani avevano un rapporto di alleanza con la Natura che permetteva loro di vivere in pace e abbondanza. Il canto della caduta parla di un “tempo più antico del tempo” e di un regno pacifico in cui la guida del popolo era compito femminile.
Poi arrivò un re straniero e fu l'inizio di una nuova epoca del dominio e della spada. Il Regno perduto di Fanes è il canto nero della caduta dell’Umanità nell'orrore della guerra. La scena iniziale è la scena della fine: un campo di battaglia. La guerra non si vede mai sulla scena. Eppure c'è, restituita al pubblico dal punto di vista degli unici personaggi che ne traggono sempre vantaggio: i corvi. I corvi prendono le parti del coro, descrivono la battaglia, indugiano con meraviglia sul lato ostinato degli uomini nel darsi morte fino al culmine della carneficina.
Non esiste popolo che non abbia un suo patrimonio peculiare di racconti mitici che narrano le origini dell'universo, degli dei, dell'ordine sociale e offrono immagini a paure e domande ancestrali: la guerra è parte incancellabile del destino dell'umanità? Cosa ci spinge perennemente alla guerra invece che alla pace? Perché ci cacciamo e perseguitiamo l'uno con l'altro?
Il canto della caduta cerca nuove immagini per antichi problemi e, attraverso il mito di Fanes, porta alla luce il racconto perduto di come eravamo, di quell'alternativa sociale auspicabile per il futuro dell'umanità che viene presentata sempre come un'utopia irrealizzabile. E che, forse, invece è già esistita.
Durata:
65 minuti
Condividi