Si chiama ambiguous loss (perdita ambigua) il lutto che non si riesce ad accettare, perché non c’è la presenza di un corpo a confermare la morte. È il sentimento che provano i parenti delle persone scomparse: la speranza di rivedere il proprio caro, anche dopo anni, non svanisce mai e si trasforma in un limbo di incertezza senza fine. Se alla sofferenza personale si aggiungono carenze di carattere tecnico, come vuoti normativi e inadempienze da parte di enti e istituzioni, la possibilità di avere una risposta si fa ancora più remota, al dolore si aggiunge la rabbia e il problema diventa anche sociale. Soprattutto quando si evidenzia la differenza di trattamento riservata ai morti “nostri” e ai “loro”, come se ci fossero vite di serie A e altre di serie B.
È questo il contesto in cui opera il LABANOF, Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università degli Studi di Milano diretto da Cristina Cattaneo, che è riuscito a realizzare un piccolo, grande miracolo: restituire un’identità, una storia e perfino la dignità ai cadaveri senza nome dei migranti scomparsi nei tanti naufragi del Mediterraneo.
Da Naufraghi senza volto, il libro scritto da Cristina Cattaneo, Premio letterario Galileo 2019, una lettura teatrale, affidata alle voci di Laura Curino e Renato Sarti, racconta il dramma dei naufragi nel Mediterraneo dal punto di vista di chi lavora per riconsegnare, attraverso le analisi autoptiche, un nome e la dignità ai profughi morti in mare.
Durata:
60’ senza intervallo
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